Novembre 18, 2022

Quali saranno le nostre nuove debolezze e aspirazioni nella terza dimensione umana?

MARIA FOTI 
in dialogo con
MATTIA GABELLINI  e
ERICA BELLUCCI

COSA È GIUSTO E COSA SBAGLIATO NEL MONDO VIRTUALE?
Intelligenza artificiale, protezione dei dati, sponsorship e accordi commerciali, eticità, moralità ed umanità. Non può essere come nella vita reale, eppure…

ERICA:

Chi è che decide cosa è giusto e cosa sbagliato? L’uomo, a partire dai riti primitivi, ha dovuto decidere della propria condotta, distinguere il sacro dal profano, il giusto dallo sbagliato. È interessante notare come questi concetti siano variabili a livello storico, geografico e culturale: il virtuale, in questo caso, è un’ulteriore variabile che amplia la riflessione in merito. Lo spazio digitale è considerabile come un’altra terra ancora da definire, all’interno della quale ha senso chiedersi di nuovo che cosa sia considerabile giusto e che cosa no. Sicuramente può essere uno stimolo per riflettere sulla nostra empatia e umanità. Quindi mi chiedo: essere sempre a contatto con la tecnologia esalta la nostra umanità o la addormenta rendendoci simile ad una macchina ? Tante cose che un tempo erano etichettate dalla nostra società come “sbagliate”, tramite la condivisione virtuale si sono poi rivelate quasi “normali”, e si è reso tutto più comune e familiare. Ma, se da una parte la condivisione ha portato a conoscere di più che cosa accade nel mondo e ad avere più consapevolezza di determinare cosa è giusto e cosa sbagliato, dall’altra sembra più difficile rimanere allineati con l’empatia.

MATTIA:

Nella regolamentazione del mondo virtuale sicuramente ci sono dei vuoti e dei nodi per quanto riguarda il concetto di giusto e sbagliato, soprattutto nel raggio delle azioni che tu compi in relazione al tuo avatar, al tuo terzo sé ed al tuo io reale. Ora c’è un terreno nuovo, che non è più geografico, ma virtuale. Non ha, quindi, dei confini precisi, perché è globale, condiviso e accessibile a tutti, da diverse zone contemporaneamente. Di conseguenza, sembrerebbe paradossalmente una “terra di nessuno”, in cui è complicato definire giusto e sbagliato: non è chiaramente definito a quali regole tu debba rispondere. Anche perché, giusto e sbagliato variano da paese a paese. Ciò a cui sembra necessario rispondere è il confronto che ti pone la macchina, ovvero quello con la tua umanità, ricordando che stai interagendo con persone, come se fossi nella realtà quotidiana. Dovremmo sicuramente chiederci se in questa “terra di nessuno” siamo portati ad avere comportamenti che vorremmo avere nella vita reale, ma non abbiamo, oppure se possiamo arrivare a compiere azioni che nel mondo reale riteniamo “sbagliate” verso altre persone. Infine, realizzare che questa terra ricreativa può non sempre trattarsi di un videogioco, gli avatar non sono sempre CPU, ma anche persone.

MARIA:

Se è vero che giusto e sbagliato sono concetti che variano in base al contesto, è anche vero che sono una costante in ogni società: non esiste gruppo umano che non si sia dato un concetto di giusto e di sbagliato, di volta in volta diverso. E se nella società virtuale l’uso stesso di questi concetti fosse andato in crisi? E, vista la pluralità di voci, opinioni, culture sia impossibile ricondurre tutto a dei valori condivisi e quindi a dei limiti tra bene e male? L’universalità dei concetti assoluti di giusto e sbagliato vale anche nel mondo virtuale?

Se pensiamo all’utopia quasi filosofica di chi ha fondato il web, quella del primo internet, era evidente il desiderio di creare una terra di nessuno, una terra di libertà in cui le azioni sembrano non avere conseguenze (…abbiamo capito dopo vent’anni che ne avevano). Forse non riusciamo a mettere a fuoco cosa sia giusto e cosa sbagliato online per via della contraddizione fondativa che ci portiamo dietro ancora adesso: non riusciamo a regolamentare una realtà parallela concepita come terra senza regole, che però abbiamo scoperto avere delle conseguenze sul reale; forse proprio perché non sappiamo bene ancora fino a che punto ne abbia.

Per le società “solide” è difficile stare al passo di un luogo parallelo e libero, in cui ogni singola azione può avere conseguenze nella realtà così come può rimanere confinata semplicemente nel virtuale. Sul web entro, esco, sono una persona poi un’altra, chi sono queste persone e soprattutto vogliamo unire queste diversità in concetti di giusto e sbagliato universali? E anche lo volessimo sarebbe possibile?

ERICA:

Anche nel mondo virtuale, nel dark web, si è riportata una parte di illegalità che esiste anche nel reale come se ci dovesse sempre essere un qualcosa di giusto e di sbagliato. Tutto questo sembra aumentato dal fatto di poter avere altre identità difficilmente riconducibili come potrebbe esserlo nella realtà. Anche senza arrivare fino al dark web, i confini di cosa è socialmente lecito sono variabili tra vita online e offline. Un esempio divertente può essere il ghosting, che nella vita reale verrebbe visto come un comportamento atipico e privo di senso… eppure nel mondo virtuale è un comportamento comune e, in un certo senso, accettato.

MATTIA:

Riflettendo sul dark web, mi sembra come se avere un avatar virtuale dia alla persona la libertà di poter mettere in pratica delle azioni (anche terribili) o perversioni che nelle realtà avrebbe (forse) evitato. La cosa più spaventosa, però, è che potrebbe riuscire a condividere queste cose terrificanti con altri individui. In questo modo si può generare un gruppo che essendo tale, rafforza la convinzione degli individui che ne fanno parte ed in un qualche modo anche la legittimazione di ciò che si fa.

Il metaverso, invece, è una nuova terra, di conseguenza ancora forse poco esplorata. A riguardo, dovremmo chiederci: che cosa faccio di quel luogo? Quando compio azioni, o mi metto in relazione con qualcuno, lo sto facendo con un avatar o con una persona? Dovremmo prenderlo come un mondo ricreativo o come un’amplificazione del reale? Dopo anni di Internet, siamo ancora interessati alla relazione virtuale, oppure stiamo sempre più cercando di riaverne una personale?

MARIA:

Nessuno ha una posizione netta, eppure siamo molto netti nel giudicare cosa è giusto e cos’è sbagliato tramite il web. Da un lato non sappiamo se è giusto o sbagliato fare una cosa nel mondo virtuale, se un reato è un reato o se una brutta azione rimane una brutta azione, dall’altro il mondo virtuale è un luogo di fortissimi giudizi in cui giudichiamo con fermezza un tweet, una frase, una parola di dieci anni fa, c’è una sorta di doppio standard

ERICA:

Il fatto che non sia chiaro se si risponde delle proprie azioni nel mondo virtuale, ci fa sentire più giudici, in dovere di giudicare? Ma è una libertà? Perché così è un mezzo che divide, è diverso dare giudizi su internet e darli dal vivo, è anche molto più veloce quello che succede online.

MATTIA:

E’ interessante notare come da un certo punto di vista siamo saturi di queste cose, e di quel senso di ricreazione e sfogo che l’interazione virtuale ci ha dato sin dai primi momenti, soprattutto nei social in cui ognuno può esprimersi senza riferirsi direttamente a qualcuno, come se dal vivo sparassi sentenze ai quattro venti come un folle in mezzo ad una piazza di persone.

In conclusione, è curioso pensare che, come spesso accade, sembra che tutto si possa ricondurre alla consapevolezza dell’utilizzo delle cose, perché osservando le differenze generazionali sull’uso della tecnologia, si comprende che l’aspetto del riconoscere che c’è una persona dall’altra parte si può raggiungere solo con la sperimentazione e la conoscenza del mezzo.