MARIA FOTI
in dialogo con
MATTIA GABELLINI
MARIA:
“Instagram lo uso, ma decido io come e quando…”, “Le pubblicità sul telefono alla fine sono utili perché trovano cose che in fondo stavi cercando e non devi neanche fare la fatica di googlare…”. Le interviste sugli effetti dell’uso massiccio dei social network o sui rischi dell’I.A. non regolamentata sembrano lontani brusii… Ci sentiamo ormai sicuri perché in grado di accendere e spegnere la macchina che ci circonda in qualsiasi momento.
MATTIA:
Effettivamente possiamo pensare che sia qualcosa che ci circonda, un contorno della nostra quotidianità (lavoro, relazioni, svago). Un luogo in cui entrare ed uscire a nostro piacimento. Una porta che sappiamo aprire e chiudere, senza che abbia nessuna conseguenza su di noi. Forse, però, potremmo interrogarci più attentamente, spingerci oltre la nostra convinzione. Metterci in discussione, nonostante ciò possa minacciare la nostra integrità e farci un po’ paura. Perciò, se la macchina fosse qualcosa con cui effettivamente ci relazioniamo a livello emotivo, valoriale e sensoriale? Qualcosa che, ormai, influisce profondamente sulla nostra identità? Sarebbe ancora possibile pensare ed affermare di avere il controllo di aprire e chiudere in maniera definitiva?
MARIA:
La nostra epoca è proiettata nel futuro a una velocità impressionante, eppure sembrerebbe che la interpretiamo con schemi mentali novecenteschi, tipici dell’homo faber: ci sentiamo in grado di controllare il nostro destino così come abbiamo sempre controllato i nostri strumenti. Ma è ancora così? Oggi questi strumenti non sono un braccio in più, ma un cervello in più. E se la nostra ubris fosse proprio la consolazione che ricerchiamo nella convinzione di essere ancora padroni delle nostre creazioni fino in fondo, schermandoci così da scelte etiche che come membri della società contemporanea spetterebbe a noi di prendere?
MATTIA:
La persistente novità, l’intrattenimento e la velocità delle macchine e dei dispositivi contemporanei, oltre ad essere alcune delle loro migliori qualità, potrebbero essere allo stesso tempo la causa della nostra poca attenzione alla loro regolamentazione ed eticità? Forse, dovremmo chiederci se ci siano delle regole che ci tutelano, sia a livello economico/pubblicitario, sia a livello personale nelle nostre relazioni ed il nostro lavoro. L’algoritmo pubblicitario dei social network, fonte di sostentamento delle piattaforme, ne può essere un grande esempio. Quindi, potrebbe essere questa una delle sfide all’apparenza più scontate ma difficili da affrontare per l’essere umano contemporaneo?
MARIA:
E se il nostro limite non risiedesse neanche nel non saper gestire questi strumenti, ma nel non renderci conto, cioè nel non avere consapevolezza che non possiamo più accendere e spegnere la macchina? E se questo fosse vero, in che modo ci relazioneremmo al futuro? Quali sfide si delineerebbero in modo chiaro davanti a noi? In che modo ripenseremmo alla nostra società? Ed in che termini dovremmo farlo?